PENSARE L’EUROPA da SUD: Perché proprio le Europee?

Pubblicato da Diego Antonio Nesci il

PENSARE L’EUROPA da SUD: dall’AUSTERITÀ dell’1% ai BISOGNI del 99%

Le prossime elezioni Europee rappresentano un vero e proprio spartiacque di questo straordinario secolo appena iniziato. Molti non ci fanno caso ma questo che stiamo vivendo è l’inizio di nuovo secolo, dentro l’inizio di un nuovo millennio. Stiamo per  dare l’intonazione a qualcosa di veramente grande. L’Europa è ad un bivio: crisi definitiva o rinascita. Questo inizio, infatti, ha tutta l’aria di una fine, di una rivelazione. Potrebbe anche durare secoli ma i segni che l’umanità si trovi immersa dentro una vera e propria svolta antropologica ci sono tutti e sono segnalati da tutti i pensatori vivi nella nostra cultura. Penso a quelli che conosco: Jeremy Rifkin, Naomi Klein, Papa Francesco e Benedetto XVI, Baumann, Guzzi, Gallino, Boff, Balducci solo per citarne alcuni.

Lo sviluppo delle tecnologie della comunicazione, gli allarmi climatici, gli effetti caotici della globalizzazione, le grandi migrazioni, le immense disuguaglianze crescenti, e la crisi delle ideologie politiche del Novecento, stanno conducendo il mondo verso dimensioni del tutto inesplorate.

La svolta antropologica in questione avverrà solo se riusciremo a fare una cosa molto antica chiamata metànoia. Cioè un radicale mutamento nel modo di pensare, di giudicare, di sentire. ​Sarà una trans-formazione intima e sociale insieme. Il compito di ognuno di noi è attuare questo cambiamento all’interno della propria vita e quindi della propria comunità. È un lavoro ciclopico di destrutturazione ed integrazione della nostra identità, della nostra vita quotidiana, delle nostre abitudini, delle nostre relazioni -sia interiori che esteriori- che dovranno essere vissute con modalità radicalmente diverse da quelle degli ultimi 5.000 anni almeno. Vuol dire, in sintesi, che una modalità vecchia di essere “io” che potremmo chiamare egoico-bellica, deve morire per lasciare spazio ad un’altra modalità che potremmo definire pacifico-relazionale.

Ci vorrà una memoria millenaria accompagnata da una voglia incontenibile di vivere il presente e di progettare il futuro. La sfida è andare oltre. Oltre il capitalismo -per esempio- convinti che lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo non sia un destino ineluttabile.

“Il ritmo della distruzione ecologica e l’abisso di disuguaglianza tra Ricchi e Poveri non sono mai stati così grandi nella storia dell’uomo. Gli ostacoli al cambiamento sono innumerevoli e si sono ormai radicati nella psiche umana e nelle nostre strutture culturali economiche e politiche. Infatti il sistema patologico che attualmente impoverisce la Terra avvelena la vita e genera povertà e disuguaglianza si sviluppa ormai da migliaia di anni, almeno dall’epoca in cui cominciarono a nascere i primi Imperi, circa cinque millenni fa e negli ultimi secoli ha raggiunto nuovi livelli di sofisticazione” (Il Tao della liberazione di Leonardo Boff).

Come sappiamo oggi l’Europa e il Mediterraneo non sono più il centro del mondo in termini quantitativi (popolazione) e geopolitici. Tuttavia rappresentano ancora in termini simbolici la nascita della civiltà e il faro del Mondo.

Si sente nell’aria l’urgente bisogno di un nuovo slancio del Pensiero. Un Pensiero grande, audace che non si faccia imbrigliare dalla trappola neoliberista del non ci sono alternative. Bisogna riprendere il coraggio del pensiero, della parola e delle azioni. Uscire da un’impostazione paranoica e manichea e andare aldilà delle leggi binarie di “bene/male – 0/1 – on/off”: non siamo dei computer senza cuore!

Non si tratta di dire Europa “Si” o “No” ma di allargare il nostro orizzonte di pensiero chiedendoci quale tipo di Europa e di Mondo vogliamo.

Le due grandi crisi globali profondamente correlate fra di loro, quella ambientale e quella sociale, in cui ci troviamo coinvolti, sono potenzialmente delle crisi di crescita. Rappresentano una grande  opportunità in quanto ci rivelano con forza l’insostenibilità del nostro sistema. C’è quindi un ampio lavoro da fare sia nel senso della critica che di quello della costruzione.

La critica deve precisare sempre meglio che cosa si intenda con “sistema” da contestare. Non si tratta infatti soltanto di una struttura economica, ma di una intera antropologia che si nutre di materialismo mercantilista, di economicismo, di nichilismo edonistico, di individualismo disperato, di distruzione di ogni storia e di ogni identità culturale, di globalismo estrattivo e predatorio, e così via. La contestazione di questo sistema (mentale, culturale, e politico) torna perciò ad essere radicale, nel punto fatale in cui tutto il pianeta grida l’insostenibilità di un progetto folle di sviluppo. La nuova cultura che sta tentando di emergere in questa fase cruciale della storia è a sua volta molto complessa: è anch’essa una visione globale dell’essere umano, un’antropologia diversa, per la quale l’uomo (maschio e femmina) è  persona, intesa come mistero relazionale, un mistero cioè che si realizza solo attraverso la ricchezza e la profondità delle sue relazioni.

Questa nuova visione pone perciò la persona al centro di tutto, insieme al suo sviluppo integrale, mentre l’economia è posta al servizio di questi progetti di umanizzazione.

La nuova cultura si nutre inoltre di una spiritualità ecologica profonda, che è consapevole che tutto è interconnesso nel creato, e che il tutto è sempre superiore alla somma delle parti.

Questa nuova prospettiva umanistica riformula e rilancia inevitabilmente il progetto democratico, impantanato nelle derive neoliberiste della sinistra e della destra storiche. Questo rilancio implica tra l’altro la consapevolezza che ormai la liberazione dell’uomo deve anche essere interiore, mentale, spirituale.

Così il progetto democratico riscopre la propria essenza intrinsecamente rivoluzionaria.

Proprio con questo spirito e per questi motivi stiamo portando avanti il progetto di Parole Guerriere Seminari Rivoluzionari a Montecitorio e nelle Regioni.


Diego Antonio Nesci

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